Il vecchio di via degli Orefici

Il 6 settembre 1969 si spegneva, circondato dai suoi ragazzi, Padre Olinto Marella lasciando una testimonianza di carità fraterna, radicata nella Provvidenza, la quale non avrebbe dimenticato mai nessuno e nessuno dei più piccoli.

Cinquantuno anni dopo, nella solennità di San Petronio, la città di Bologna ne accoglie la beatificazione ricordando il “santo della carità” che si consumò nel chiedere l’elemosina agli angoli delle strade fino agli ultimi giorni di vita.

La comunità del Pontificio Seminario Regionale Benedetto XV, non indifferente ai segni dei tempi e avendo a cuore la Chiesa in cui vive e cammina, desidera contribuire alla riflessione sul Beato attraverso qualche pensiero nato da un incontro con don Alessandro Marchesini, responsabile del Comitato per la beatificazione di Padre Marella.

Siamo rimasti particolarmente colpiti dalla fedeltà al ministero mantenuta negli anni di sospensione “a divinis” del Beato e, in particolare, dalla fedeltà alla Chiesa anche nelle sue contraddizioni, ma è stata l’obbedienza perseverante di Marella a interrogarci ancora di più. Egli, infatti, non rinunciò mai al celibato, non dimenticò mai la preghiera e a ricordo del ministero cui era stato chiamato, conservò sempre il manutergio del crisma tra le pagine del breviario.

Nel 1909, cinque anni dopo l’ordinazione, il vescovo di Chioggia vietò a Padre Marella di celebrare la messa e intimò ai preti della diocesi di non concedergli la comunione a causa dello spirito modernista del sacerdote e per essersi fatto promotore della coeducazione tra i giovani; iniziò così il suo peregrinare in cerca del lavoro che potesse dargli il sostentamento e l’occasione di donarsi secondo la sua vocazione.

Arrivato in città come studente di filosofia si laureò e ben presto ottenne la cattedra presso i licei Galvani e Minghetti, uomo di grande cultura filosofica e teologica Padre Marella visse con grande libertà di spirito lo studio e l’approfondimento degli autori anche non cristiani, una ricerca del vero pagata con l’esclusione dalla Chiesa che lo aveva generato.

Quando nel 1925 il cardinale Giovanni Battista Nasalli Rocca seppe dell’illustre professore e lo riabilitò al ministero, trovò in lui un impegno vivace nel sacerdozio e nell’apostolato, così decise di destinarlo alla cura pastorale dei “baraccati”, della marea di famiglie che abitavano i conglomerati fatiscenti fuori dai viali della città felsinea. Proprio qui don Marella inizia il suo servizio agli ultimi vivendo diviso fra le lezioni di mattina e la carità in ogni altro momento, fra gli studenti e i piccoli delle baracche. Gli stessi giovani faranno di don Olinto il “Padre Marella”, l’uomo che aveva cura dei poveri, degli orfani e dei bisognosi di Bologna attraverso un celibato fecondo, capace di paternità per i tanti figli da condurre a Gesù.

E fra tutte le virtù, la grande fede nella Provvidenza, in Dio che non abbandona mai. Padre Marella si fa mendicante perché nessuno dei suoi figli debba più mendicare, come il Signore sale sulla croce perché nessuno debba mai più farlo, e perché si svegli il cuore dei passanti chiamati, vedendolo, a mettere le mani nelle tasche e a donare con gioia al vecchio canuto di via delle Orefici.

Il testamento di Padre Marella è un monito per i bisognosi e per chi dovrà rispondere alle loro necessità: “Le preoccupazioni non vi mancheranno mai, ma vi lascio il mio cappello e vi assicuro che non rimarrà mai vuoto”.

Nella grande storia di Bologna mancava ancora un uomo disposto a marcire, come il seme, per rinascere e portare frutti di carità e di fede senza mai smettere di annunciare il Signore vicino ai poveri e agli ultimi.