Dalla Puglia a Bologna per il VI anno

Matteo e Nazario nel pellegrinaggio a san Luca nei primi giorni a Bologna

“Benvenuti al nord” si potrebbe titolare questo articolo, ma sarebbe un vergognoso plagio ad un mio corregionale che così ha titolato un suo film. Ma forse è proprio merito di quel film se posso riconoscermi nel vissuto del protagonista.

Mi chiamo Matteo Agostino e sono un seminarista pugliese, della diocesi di San Severo, al sesto anno di formazione. Era agosto 2020 quando, incontrando il mio vescovo, mi è stata offerta l’occasione di frequentare il sesto anno di formazione in compagnia di Nazario, mio fratello condiocesano, nel Seminario Regionale Flaminio. Accolta con sorpresa, ma anche con entusiasmo. Un desiderio che nutrivo da un po’ di tempo, allargare i confini. Desiderio che è nato dall’aver condiviso tratti di cammino in seminario a Molfetta con altri fratelli provenienti da diverse parti del mondo. Facendo le dovute proporzioni, essendo Bologna appena più vicina di Giacarta, l’ho letta come un’opportunità che andava proprio in quella direzione.

Una volta, un prete missionario mi disse che la prima cosa da fare in missione è imparare la lingua, e che per farlo bene e in fretta è necessario provare a vedere il mondo con i loro occhi. Lo stesso annuncio, senza questo passaggio potrebbe risultare infruttuoso. Annuncio che diventa scambio di ciò che a ciascuno sembra di aver capito sulla verità. È con questa convinzione che ho fatto la valigia e sono partito.

L’emergenza che viviamo da ormai un anno, ha reso più chiara un’altra caratteristica della vita missionaria: la precarietà. La non piena progettabilità della vita, che se vissuta come occasione, diventa manifestazione della volontà di Dio nella nostra vita. Nei fatti, questo è significato un netto cambiamento di programma rispetto a quello stabilito in settembre. Prevedeva la permanenza in seminario nei primi tre giorni della settimana, per poi passare il resto del tempo in parrocchia. Nazario ed io infatti siamo stati affidati a due parrocchie della città di Bologna, rispettivamente Santi Savino e Silvestro, e San Paolo di Ravone.
Ben presto, avviando una riflessione con il rettore, ci siamo resi conto della problematicità che la convivenza in due comunità differenti, seminario e parrocchia, comportava. Da qui la scelta di stabilirsi in parrocchia continuando a seguire i corsi previsti a distanza.

Per entrambi si è rivelata una grande occasione di crescita e di recupero di una vita più ordinaria che il seminario, per certi versi, non consente. Occasione per costruire un clima di fraternità sempre più autentico con i rispettivi parroci e cappellani, basato su una conoscenza che si approfondisce giorno dopo giorno. Riteniamo di essere cresciuti anche in merito alla gestione del tempo che ora è lasciato quasi del tutto alla responsabilità personale. Nell’iniziale incapacità di gestire tutto il da farsi è emerso il bisogno di un’organizzazione delle giornate più consapevole e autonoma. Di grande aiuto è stato osservare ed imitare le buone abitudini dei fratelli maggiori presbiteri.

Riguardo allo specifico del servizio pastorale, nel quale ci siamo inseriti, ogni incontro che facciamo diventa formativo. Dai gruppi giovani, alle corali, a coloro che immancabilmente partecipano alle liturgie di ogni giorno, nonostante molti di essi in età matura e perciò più vulnerabili al virus.

Per scendere nello specifico di un’esperienza, che mi sta dando molto, è partecipazione all’attività scoutistica nel gruppo scout Bologna 1. Lo sforzo di progettare ogni iniziativa ascoltando, per quanto possibile, la voce di ciascuno, è sicuramente un insegnamento che lo scautismo può consegnare a tutta la Chiesa. Questo e i volti che ho incontrato, sono le due ragioni fondamentali che mi hanno spinto a chiedere di fare la promessa scout. Richiesta accolta con entusiasmo dalla comunità capi. Hanno voluto farmi questo dono lo scorso 21 febbraio, in occasione del Thinking day, nella meravigliosa cornice del parco del Seminario Regionale (foto qui sotto), quasi a voler creare un rapporto di continuità formativa, nella consapevolezza che non sarà l’ordinazione ad esaurirla.

A tutti buona strada, a ciel sereno.

Matteo Agostino