Alza lo sguardo dal luogo dove tu stai … (Gen 13,14)

La formazione dei seminaristi in questo tempo

Il seminario non è fuori dal mondo e dalla storia. Ciò che accade nel mondo si vive anche in seminario, perché questa è la condizione fondamentale per fare del seminario una comunità che forma i preti per questo tempo. Anche ciò che proponiamo di vivere in seminario, non è solo in vista di quello che i seminaristi faranno domani da preti; è importante vivere la dimensione del “qui ed ora”: se quello che vivo è significativo adesso, allora sarà formativo per me, altrimenti rischia di essere tutto finto.

Mi sembra che ci siano cinque grandi fattori che caratterizzano questa epoca, e in questi ultimi mesi sono divenuti sempre più evidenti: la crisi sanitaria globale (pandemia), la crisi economica globale, la crisi climatica globale, la secolarizzazione e la pervasività del digitale nelle relazioni a tutti i livelli.

I primi tre fattori, connotati come critici, sono strettamente connessi tra loro. Lo aveva già scritto papa Francesco nell’enciclica Laudato sì (tutto è connesso!); lo ha ripetuto con forza nella riflessione proposta in mondovisione la sera del 27 marzo 2020: “siamo tutti sulla stessa barca”. Di fronte ad elementi critici così importanti e di dimensione globale, è emersa in modo evidente a tutti la fragilità dell’essere umano e dei sistemi che ha costruito, ma contemporaneamente anche l’esigenza di vivere una solidarietà e una fraternità che non escluda nessuno. Di fronte alla sofferenza e alla morte è emerso in modo chiaro il nostro bisogno di essere salvati, di non essere lasciati soli perché non potremmo cavarcela da soli.

Questa esperienza la viviamo anche in seminario: nessuno può pensare oggi di vivere un servizio come battitore libero. A fronte di crisi di questa portata, siamo chiamati a vivere fin da ora la dimensione della fraternità e della solidarietà che non esclude nessuno, e a farne una proposta formativa. In seminario, vivendo quotidianamente gomito a gomito con altre persone, scopriamo anche che la fraternità è una sfida che siamo chiamati a ricostruire continuamente, perché la tentazione dell’individualismo e dell’indifferenza è sempre alla nostra porta. Ne riconosciamo il valore, ma siamo chiamati a trovare e ripensare continuamente delle modalità per renderla concreta.

L’altra sfida importante è quella della secolarizzazione. Oggi il mondo dichiara chiaramente che non ha alcun bisogno di Dio e che non è interessato a considerare l’esistenza dell’uomo nell’orizzonte di una relazione con il Padre. L’uomo afferma senza vergogna e senza pudore la sua totale libertà da Dio, la sua autonomia e la sua volontà di autodeterminazione nel decidere cosa sia bene e cosa sia male (Cfr. Gen 3).

Questa dimensione della secolarizzazione non si trova solo “nel mondo” fuori di noi, ma è dentro di noi. Ognuno di noi, per quanto si dichiari credente, è tentato da questa antichissima prospettiva; per questo è importante rendersene consapevoli e rimettere in modo esplicito la fede al centro del nostro vivere comune e delle nostre scelte, attraverso il discernimento personale e comunitario. Il processo del discernimento è sempre stato insegnato in seminario nella pratica dell’esame di coscienza personale, ma oggi chiede di diventare anche una pratica condivisa, per rileggere tutte le nostre scelte nella prospettiva della fedeltà al Vangelo e del nostro vivere da figli di Dio. Formarsi fin da oggi a questa lettura della realtà, che chiede continua disponibilità al confronto, è importantissimo per chi si prepara ad essere guida della comunità cristiana.

L’ultima grande sfida del tempo presente è quella della pervasività della mediazione digitale nelle relazioni. Proprio in questo tempo difficile, abbiamo imparato a scoprire che tale sistema non rappresenta solo un limite, ma anche un’opportunità. Proprio nei giorni in cui eravamo in quarantena e impossibilitati a vivere le nostre esperienze pastorali, il digitale ci ha consentito di rimanere in contatto tra noi, con i ragazzi a noi affidati nelle parrocchie, e di incontrare persone lontane, ascoltando le loro testimonianze e le loro esperienze. Abbiamo compreso che, se dietro lo schermo sappiamo essere persone autentiche, possiamo imparare a comunicare tra noi in qualsiasi modo.

Non esiste una situazione ideale per formare dei seminaristi. L’unica condizione che ci viene richiesta, oltre ad un progetto fondato e condiviso, è l’adesione alla realtà, l’unica che ci provoca a rispondere secondo il Vangelo e a maturare finché Cristo non sia formato in noi.

don Andrea Turchini

Questo articolo è stato pubblicato per “La Rete” – ed. 2021 – giornale del Seminario Diocesano di Faenza