A fianco dei “piccoli”, la scuola del Signore

Il 25 ottobre Emanuele è stato ordinato diacono dal vescovo Mario Toso nella cattedrale di Faenza. In occasione di questo passo così importante abbiamo pensato di fargli tre domande inerenti al suo cammino.

Sappiamo che hai trascorso l’anno di stage pastorale alla Casa della Carità di Corticella, a Bologna. Si è rivelata un’esperienza intensissima e più lunga del previsto. Perché?

Il tempo vissuto alla Casa della Carità è sicuramente stato un tempo di grazia e un tempo ricco di sorprese. È stata un’esperienza più lunga e intensa di quanto mi aspettassi, la pandemia ci ha colto molto impreparati. Siamo stati costretti a chiuderci in casa per salvaguardare le persone più fragili.

In questo tempo è stata importante la condivisione della vita con le persone che abitavano sotto il mio stesso tetto, in primis Suor Silvia e Maurizia, poi con i giovani che sono rimasti per qualche settimana aiutandoci a portare avanti le cose.

Ancora più importante è stato approfondire la relazione con il Signore. Lui mi ha sempre sostenuto, anche nella fatica e mi ha veramente aiutato a leggere in profondità ciò che stava succedendo. In ultimo sono stato tanto aiutato in questo tempo dal vivere la preghiera con gli ospiti: nel loro modo ci hanno sempre donato suggestioni che credo vengano veramente dal Signore.

Cosa hai trovato alla Casa della Carità che vorresti portare nella diocesi di Faenza?

La prima cosa che ho trovato è il vivere in una comunità, condividere la mia vita con altre persone. Una comunità in cui sei guardato e in qualche modo aiutato a modificare il modo di vivere. Una “famiglia” in cui non è preteso il tuo cambiamento, ma che ha cura di darti un aiuto concreto per diventare uomo.

Un secondo aspetto che “mi porto a casa” e che vorrei fare mio, anche per il futuro, è il vivere una vita ricca di relazioni forti, alla pari, con le persone che il Signore mi mette accanto.

Ho sperimentato che è positivo per la vita il farsi aiutare. Provo a spiegarmi: non aver paura di chiedere aiuto e soprattutto farsi aiutare nel gestire le situazioni di gruppo, non far valere solo la propria idea, ma lavorare in modo sinodale per arrivare ad una soluzione comune.

Un mio desiderio è quello di riuscire a vivere la relazione che ho vissuto quest’anno con le persone fragili -i “piccoli”- anche con chi avrà bisogno in parrocchia. Questo mi farà scoprire come il Signore mi parla e come lo potrò conoscere sempre più profondamente.

Alla luce dell’enciclica Fratelli tutti di papa Francesco, come pensi di poter vivere il ministero che ti è affidato in quanto appartenente al presbiterio della tua diocesi?

Mi sembra importante entrare a far parte del presbiterio della mia diocesi con la consapevolezza di avere a fianco dei fratelli con cui poter condividere il mio cammino, i miei dubbi, le mie difficoltà che vivo tutti i giorni.

Come ci ricorda la Fratelli Tutti “Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui”; questo per riuscire a vivere una vita di relazione con gli altri, per aiutarsi a vicenda a far uscire sé stessi da quel guscio che ci tiene intrappolati e che spesso porta a chiuderci solo nelle nostre preoccupazioni.