Omelia per i funerali di Mons. Ancarani

Pubblichiamo di seguito l’omelia di S.Em. il Card. Matteo Zuppi per i funerali di Mons. Nevio Ancarani

Quattro rettori del PSRF (da sinistra: Rabitti, Ancarani, Turchini, Scanabissi) alla Celebrazione del Centenario (settembre 2021)
Foto di J.A. Caniato

Benedico il Signore per la vita lunga e sazia, ricca di frutti, di don Nevio e per il bene che ha seminato con tanta intelligenza e chiarezza, che a volte poteva apparire ruvida, radicale, senza compromessi, ma sempre piena di tanta umanità e soprattutto offerta da discepolo innamorato di Cristo.

E l’amore trasmette amore. Benedico per il suo esempio di sacerdote che ha saputo con intelligenza e libertà testimoniare prima di predicare, seminare con fiducia, sapendo che i frutti in Cristo non andranno mai perduti. Lo ha fatto sempre con sereno abbandono alla provvidenza di Dio e allo stesso tempo con tanta fiducia nella persona. Non era affatto sprovveduto, ingenuo. Anzi.

Sapeva con arguzia riconoscere le chiusure del cuore e credo che proprio queste lo preoccupassero di più, perché l’uomo è perduto quando si chiude in se stesso, quando confida in sé e non si lascia aiutare per amarezza o banale orgoglio. Benedico il Signore per la fraternità che lo ha accompagnato e protetto in questi ultimi anni, piena di attenzione, di preghiera e di rispetto allo stesso tempo.

Nevio per don Mario, come accade per i veri padri, era rimasto sempre il rettore, e allo stesso tempo, come quando i nostri padri diventano deboli, fragili, bisognosi loro di tutto, lo ha accompagnato insieme a tutta la sua compagnia, con delicata tenerezza e sensibilità.

Benedico Dio per una storia lunga, che ha attraversato quasi tutto il secolo cosiddetto “breve”, e pensando a lui davvero breve. Colpiva in lui la chiarezza della sua vocazione, assoluta come deve essere, che lo portò anche a dolorose separazioni dal suo mondo, ma sempre guardando avanti e senza il retrogusto amaro della rinuncia, aperto alla libertà della ricerca.

Non aveva certo senso di subalternità verso il mondo o di rimpianto per quanto aveva lasciato. Era un uomo risolto, che aveva trovato quello che cercava, che insegnava con intelligenza a farlo in un periodo difficile, pieno di tensioni, di estremismi. Lui è la generazione che ha preparato e vissuto il Concilio. Certo: quante delusioni, paure, chiusure, ritardi e generose accelerazioni eccessive.

Lui le ha attraversate, vivendole tutte pienamente, perché forte spiritualmente: la scelta di essere piccolo e universale, seguendo la contemplazione di Charles de Foucauld, il suo totale abbandono a Dio. Tutto, però, sempre con tanta obbediente libertà evangelica. Chi è peno di Gesù, verità, è libero anche da ecclesiasticismi ossessivi, che scambiano, invece, l’obbedienza senz’amore con difesa della verità, mentre la offendano, curano l’ipocrisia, non entrano e non permettono ad altri di entrare.

Ecco, Nevio si è rivestito dell’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo, combatterlo con intelligenza e non credere di farlo scappando. Non ha mai combattuto contro qualcuno, da figlio del Concilio, perché non ha combattuto l’errante ma l’errore, distinzione che purtroppo non è affatto scontata e che tante volte ci fa allontanare le persone credendo, alla fine, che siano loro l’errore perché non sappiamo vedere in esse la bellezza, la possibilità di cambiamento, di rinascere dall’alto.

Nevio lo faceva con grande chiarezza, proprio perché chiamava le cose con il proprio nome, anche nelle difficoltà e nelle debolezze di ciascuno, senza pietismi facili o comprensioni ambigue, ma allo stesso tempo con tanta paternità. Ti sei sentito amato nelle tue fragilità e hai amato perché queste non divenissero ostacolo ma motivo di maggiore grazia.

È Dio che ha fatto la mia strada, ripetevi. Non il nostro volontarismo, piccoli come siamo. Prendiamo l’armatura di Dio, che è il suo amore nel quale si sentiva, da piccolo fratello universale qual era, interamente protetto. Scrisse nel primo numero di Jesus Caritas, insieme a don Luigi Bettazzi e a don Arrigo Chieregatti: “Siamo troppo adulti, persone che hanno un’esperienza, sofferta, per cui è difficile credere; ma dobbiamo ritrovare la nostra piccolezza, la nostra infanzia per tonare a credere che tutto è possibile, tutto preparato; e quando passeremo dal piano dell’astratto al concreto non saremo delusi dalla realtà”.

Questo è l’uomo forte dell’apostolo Pietro: fermo, con i fianchi cinti dalla verità, rivestito dalla corazza della giustizia, e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace. Uomo di preghiera incessante davanti al tabernacolo, che trovava anche nel cuore di chi si accostava lui e nel povero, immagine vivente di Cristo. Un prete contento di esserlo, di confessare, di celebrare, di scrivere lettere per essere fedele nell’amicizia, capace di predicare il vangelo con grande successo e di legare solo a Dio e non a sé.

Ecco, Nevio ha annunciato con “franchezza” il vangelo. Nevio, con il suo grano di senapa si presenta definitivamente davanti alla porta del regno, come ha fatto preparandosi con attenzione, facendosi piccolo. Perché la porta del regno è accogliente, larga per i piccoli, mentre non fa entrare chi si porta dietro tanta convinzione di sé, la presunzione dei propri meriti, l’ingombro di giudizi e pregiudizi, l’attenzione al proprio ruolo e non all’amore per il prossimo. Non si è certo accontentato di avere con Gesù una presenza simbolica che finisce sempre per coprire altri interessi, rassicurati solo dal fatto che abbiamo mangiato e bevuto in sua presenza o ascoltato quando insegnava nelle nostre piazze. Non gli abbiamo aperto il cuore e siamo rimasti sconosciuti a Lui e Lui a noi.

Non era certo attento all’ossequio esteriore e, proprio perché attento al cuore e libero da osservanze che fanno sentire a posto, sceglieva di essere libero e piccolo. E questa è stata la benedizione di don Nevio, libero e appassionato amico di Gesù, che ha insegnato a tanti a conoscerlo e amarlo, nel seminario e in quell’altro seminario, nel senso letterale del termine, che è stata la scuola.

 Oggi siede a mensa nel regno di Dio perché non ha smesso di cercarlo e di trovarlo nei tanti che vengono da lontano, da settentrione e mezzogiorno, cercatori di Dio, magari senza tutti i crismi ma con tanto desiderio nel cuore. Benedici dall’alto e prega per noi, caro Nevio, per tante vocazioni a servire il Signore e per preti liberi, santi e amici di Cristo e delle persone. Prega per la nostra Chiesa di Bologna, che con passione e radicalità serva il vangelo, senza compromessi ma con tanta intelligente umanità.

Faccio mie le sue parole con le quali concludeva il suo intervento su Jesus Caritas: “Chiediamo al Signore che ci insegni a lavorare con mentalità da povero; ci renda docili; che ci faccia accettare i nostri limiti, che ci doni la convinzione profonda che anche noi avremo la nostra parte nel Regno dei cieli in proporzione di quanto sapremo stimarci inutili; di avere cara questa inutilità. Che non è passiva, perché sarebbe orgoglio ferito, è amore che accetta e fa quanto può, quanto sta a lui fare, perché è Dio che ci ha amato per primo e non solo ci ha dato la possibilità di ricevere il suo Amore, ma ci ha fatto il grande dono di potere donare qualche cosa anche noi, secondo lo stile della povertà”.

Grazie Nevio

Bologna, parrocchia Santa Maria della Misericordia

27/10/2022

S.Em. Cardinale Matteo Maria Zuppi