La scomparsa di Mons. Nevio Ancarani: un ricordo grato

La comunità del Pontificio Seminario Regionale Flaminio si stringe in preghiera per la scomparsa di Mons. Nevio Ancarani, quarto rettore della storia del nostro seminario (1958-1971). Rinnovando al Signore la gratitudine per il suo fecondo ministero, riportiamo di seguito un adattamento di quanto scritto su di lui da Mons. Stefano Scanabissi nel volume commemorativo del Centenario (1919-2019). Preghiamo il Padre, sorgente di vita e di misericordia, perché lo accolga nelle dimore eterne e gli doni il premio promesso ai suoi servi fedeli.

Nevio Ancarani, nato a Cattolica il 4 giugno 1923, fu ordinato sacerdote il 29 giugno 1947. Nel 1943, dato che il Seminario di Rimini in città venne distrutto da un bombardamento, la comunità formativa fu trasferita a Montefiore Conca che divenne sede anche per i teologi, una volta chiuso per motivi bellici anche il Regionale di Bologna. Don Nevio dopo essere divenuto pro-rettore del Seminario riminese minore di Montefiore Conca (1947-49), fu vicerettore con il rettore Pirotto dal 1950 al 1955 e primo ex alunno superiore del Regionale. Anche nel dopo guerra continuò in loco un’attività formativa per i ginnasiali dal 1955 fino al 1958 come rettore del Seminario vescovile di Rimini. Fu scelto come quarto rettore dall’ottobre del 1958 al giugno del 1971. Don Nevio si rese subito conto dell’impari compito di guidare un rinnovamento da lui stesso atteso ormai da anni, tanto che fu tentato di presentare, dopo pochi mesi dalla sua accettazione dell’incarico, le dimissioni, ben presto però respinte al mittente. Terminato l’incarico dopo 13 anni divenne assistente degli universitari esteri (1971-1988). Lui, riminese fu incardinato nella diocesi petroniana l’8 aprile 1983, e nominato canonico Primicerio della Metropolitana di San Pietro in Bologna il 23 ottobre 1993. Ha vissuto gli ultimi anni in una canonica bolognese, ancora nei pressi della attuale terza sede del Regionale, ospitato fraternamente da un ex suo alunno, parroco già docente, don Mario Fini.

Con l’arrivo di Mons. Ancarani, in Seminario si cominciò a respirare un’aria nuova: fu subito ben accetto per la larga simpatia suscitata dal suo carattere aperto e per l’intenzione di creare con i colleghi docenti una, diremmo noi oggi, vera e propria comunità educante tutta a vantaggio dell’azione educativa. Don Nevio, sacerdote di cultura, di grande fede e fine sensibilità psicologica, ha vissuto quel tempo di passaggio epocale, con grande amore per i giovani a lui affidati, preoccupato di farli maturare in tutte le dimensioni, spirituale e culturale, abituandoli ad affrontare, senza riserve o timori, con uno sguardo disincantato, le non facili problematiche del tempo.

Aperto alle novità presenti ormai in tante coscienze e ambienti ecclesiali, per anni latenti, anche contrastate dalle autorità ecclesiastiche poi sbocciate grazie al Concilio Vaticano Il, con uno sguardo positivo sul mondo in evoluzione, don Nevio era altresì consapevole che sarebbero stati necessari strumenti educativi diversi per aprire i giovani alla cultura contemporanea. Si sarebbe trattato di aiutare i giovani a superare il sospetto di essere di fronte ad una negatività prevalente che si poneva necessariamente contro la fede cattolica e contro la Chiesa, per riuscire a intuire in certi flussi di pensiero emergenti domande e istanze profonde, casomai non adeguatamente espresse, ma atte ad interpellare urgentemente la risposta del credente e a generare nella Chiesa una testimonianza più autentica ed evangelica.

Un altro strumento desiderato sarebbe stato quello dell’attivare una relazione educativa intensa tra superiori e giovani, attraverso colloqui, tempi di convivenza più stretta, per superare un’esagerata distanza educativa che la disciplina di regole rigide allora vigenti, di fatto veniva favorendo, rischiando di indurre i superiori stessi, che venivano a conoscere i giovani per quello che essi mostravano ed in quanto esteriormente adempienti o meno, ad una valutazione superficiale, solo sui dati esteriori e apparenti della vita, senza poter accertare la presenza in essi dei segni di una assimilazione profonda dei contenuti e degli obiettivi formativi.

Don Nevio aveva salutato con gioia le aperture educative apparse con la pubblicazione dell’Esortazione apostolica di Papa Pio XII «Menti nostrae» al clero del mondo cattolico sulla santità della vita sacerdotale, del 23 settembre 1950. In essa «si prendeva in esame la vita dei seminaristi più che dei seminari» e dove si concepiva la necessità di educare i giovani aspiranti al sacerdozio al desiderio di stare con la gente, nelle situazioni di vita quotidiana, per integrare così la parte della formazione intellettuale spirituale, appresa dentro ad un tipo di vita «più concentrata» nella vita di comunità, considerato quindi non più come l’ambito esclusivo della formazione. Si considerò anche come opportuna, da parte dei seminaristi, una migliore conoscenza ed esperienza della vita parrocchiale, loro futuro campo di lavoro, ed un maggior contatto con le realtà diocesane e con le famiglie. In quegli anni, quindi, tale Esortazione apostolica accese tante speranze per il futuro e altrettanti timori verso le novità, donò una visione diversa sulla vita del Seminario e sulla formazione aggiornata del clero. Si cominciò a pensare a possibili cambiamenti, nella necessità di adattarsi ai tempi, per studiare con cura nuove situazioni e questioni emergenti; si precisarono meglio i compiti dei superiori di foro esterno ed interno. Il tutto avvenne tra le aspre critiche, da una parte, e l’incoraggiamento a proseguire il cammino intrapreso, dall’altra, per i tentativi educativi messi in atto.

Il bisogno di rinnovamento che si respirava in diversi ambienti, negli anni del pre-Concilio, tanto da suggerire uno sguardo diverso sul mondo, e di impostare la formazione sacerdotale come dialogo e confronto con la realtà contemporanea, coincise anche con la scelta concreta del miglioramento delle strutture educative e dell’abbandono da parte della comunità del Seminario del bell’edificio di via dei Mille-Piazza Martiri, prima sede del nostro Seminario, a cinquant’anni dalla sua edificazione.

Quattro rettori del PSRF (da sinistra: Rabitti, Ancarani, Turchini, Scanabissi) alla Celebrazione del Centenario (settembre 2021)
Foto di J.A. Caniato