
Il comandamento massimo è l’amore per Dio ma ne consegue immediatamente un secondo: che ci amiamo gli uni gli altri come lui ci ha amati (Gv 15,12). L’amore per Dio comporta necessariamente un riflesso sugli altri tantoché San Giovanni ci ammonisce dicendo che: «se uno dice di amare Dio e poi odia il suo fratello, è un bugiardo». (1Gv 4,20)
Perché è necessario amare l’altro? Perché amare l’altro ad un livello così elevato come se fosse rivolto a noi stessi? Amare chi è prossimo vuol dire amare un’altra creatura che similmente a noi è immagine di Dio, impronta della sua gloria.
L’amore fraterno trova la sua origine in Dio e non può che estendersi a tutti gli uomini capaci di riceverlo: tutti, perché tutti sono stati creati capaci di ricevere la felicità eterna. L’amore di Dio deve estendersi su tutti gli uomini e questo ha necessariamente una ricaduta positiva. Possiamo dire che non si può amare veramente il prossimo se non si ama Dio e che l’amore per il fratello è proprio il segno del nostro amore per Dio. Non è possibile amare per sola utilità, piacere/soddisfazione personale o per vantaggio. Se è vero che la Chiesa è un solo corpo con molte membra, come si può pensare di rimanere uniti a Cristo se non si è uniti ai propri fratelli con la carità fraterna? Per questo Paolo dice che occorre farsi “tutto a tutti” (1Cor 9,22) non senza l’altra faccia scomoda della medaglia: portare i pesi gli uni degli altri (Gal 6,2) perché, dice ancora S. Paolo, ‘chi può dirsi debole senza che anch’io lo sia?’ (2Cor 11,29).
Occorre fare una distinzione tra amore naturale e soprannaturale. Quello che dobbiamo al nostro prossimo è un amore soprannaturale ma consideriamo come esista anche un amore naturale che non è impedito. L’amore naturale, quello che ci fa compiere il bene per piacere, è quello che origina dalla natura umana: un amore che cerca il simile, le buone qualità naturali, la comune utilità ma che talvolta può degenerare in egoismo, appagamento di mancanze. Nel momento in cui amiamo noi stessi o il prossimo per qualche motivo diverso dalla bontà di Dio, non facciamo un atto di vera carità ma di amore naturale, di semplice amabilità, socievolezza naturale, filantropia, a volte agendo per egoismo oppure ostentando un eroismo puramente umano e che conta poco.
Capiamo che l’amore naturale – per quanto legittimo – da solo non basta. Per amare come ha amato Cristo ci vuole un’accoglienza del suo messaggio evangelico, è necessario che quell’amore umano sia perfezionato. Ecco che ci è chiesto qualcosa che umanamente è difficile da spiegare, ma che il credente sa comprendere in virtù del fine ultimo che spera: “amare anche i nemici, fare il bene a chi ci odia, pregare per quelli che ci perseguitano”. Parole che umanamente hanno un peso gravoso ma che ci portano a vedere questo amore dalla parte di Dio. Come ama Dio quella persona? Facciamo fatica a vedere il nemico, il persecutore, chi ci odia, come qualcuno di amabile, come qualcuno che nonostante tutto ha bisogno di qualcosa di buono. Lo ripetiamo, è necessario un amore che viene da Dio… e tale amore smuove. Amando lui possiamo vedere l’altro come lui lo vede, per amarlo come lo ama Dio. Non stiamo parlando di una mera “sdolcinatezza”… per amore infatti l’amante potrebbe trovarsi di fronte a situazioni inaccettabili di peccato che lo spingono ad agire con modalità più scomode, talvolta dure, aride e via dicendo a seconda dei casi, ma sempre per la denuncia del peccato e per il bene di colui che ama.
È davvero possibile avere per gli uomini imperfetti un amore divino?
Il vero amore, la vera amicizia è desiderare per il prossimo i beni soprannaturali. Dio ci fa amare tutto quello che è suo e che in quanto suo è capace dell’eterna beatitudine. La bontà di Dio si riflette nell’umanità, per questo l’amore nostro per Dio si deve riflettere nell’amore per il fratello: si ama veramente solo quando ci si ama in Dio. San Tommaso fa il semplice esempio di colui che ama l’amico1 il quale al contempo amerà i figli dell’amico desiderando per loro il bene in virtù dell’amore che ha per il loro padre. Quel che devo desiderare, anche per il nemico, è che egli sia in Dio, la sua conversione, la sua beatitudine, poiché ciascuno ha un destino soprannaturale. L’amore infatti, è spinto anche da quello che l’uomo deve diventare; per questo desidera per ciascuno i più grandi beni spirituali; in ultimo la beatitudine. I destinatari dell’ amore, per questa ragione, sono tutti gli uomini in quanto ciascuno di essi ha la capacità di ricevere la grazia divina. Si può essere strumenti di tale grazia e il primo passo è amare Dio, senza il quale non si può amare il fratello come un altro se stesso.
Nostro Signore però non ha detto semplicemente di amare gli altri come se stessi (Lv 19,18) ma di amare l’altro come lui ha amato noi (Gv 13,34). Non si sta quindi parlando di una logica che rimane nell’ambito umano ma di un amore che per quanto indirizzato agli uomini trova la sua origine in Colui che ha dato l’esempio perfetto e insuperabile dell’Amore.
Amare il fratello: passo necessario per dirsi nel cammino verso la santità, passo necessario per essere perfetti nell’unità. (Gv 17,23)
1 IIa IIae, q23, a.1, ad 2m